IL DIALOGO

Qualcuno di voi potrebbe pensare che scrivere dialoghi sia la parte più facile per un autore… dopo tutto dialogare equivale a comunicare e tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo esperienze in tal senso. Basta riprendere la realtà così com’è e traslarla sulla pagina, no? No, proprio no.
Il percorso che porta a scrivere dialoghi è ricchissimo di trabocchetti. Tanto per cominciare le persone reali NON parlano come i personaggi di un romanzo. La maggior parte delle conversazioni “vere”, se trasportata su carta, risulterebbe lenta, banale, prolissa, assai confusa (soggetti troppo spesso sottintesi, argomenti che cambiano di punto in bianco, voci che si accavallano) e poco coincisa.
Quindi potremmo definire un buon dialogo come un dialogo “falsamente” reale. Che vuol dire? Vuol dire che nella stesura taglieremo/raddrizzeremo le parti più contorte (più “parlate”) a favore della chiarezza. Così facendo, però, i discorsi diretti del nostro romanzo potrebbero sembrare di plastica, artificiosi (come effettivamente sono)… allora occorre inserire intercalari, contrazioni, termini colloquiali… insomma, camuffare il tutto perché sia chiaro e, allo stesso tempo, il più possibile simile al reale.
E’ interessante notare anche un’altra cosetta: le battute tra personaggi, in narrativa, sono spesso brevissime… mentre nella vita di tutti i giorni assistiamo a dei monologhi che, se trasportati su carta, potrebbero prendere pagine e pagine. Perché? Perché il tutto, se “spezzettato”, risulterà più chiaro per il lettore e poi anche perché il dialogo in un testo non ha solo il compito di comunicare informazioni, ma viene spesso usato per modellare la velocità della storia: se, come abbiamo visto, la descrizione rallenta la lettura, il dialogo la rende più veloce. Tenete a mente che se un testo lento è pesante, un testo eccessivamente veloce non lascia il segno nella mente del lettore: occorre dosare bene gli ingredienti.

Un esempio di come spezzettare il dialogo:

“Che hai fatto ieri?”
“Mi sono svegliato presto, poi di corsa a scuola. Nel pomeriggio ho giocato a calcio. E’ stata una bella partita: abbiamo vinto ma è stata dura. Oh, ho segnato due reti. Poi sono tornato a casa e la sera sono andato in discoteca con i miei amici”.

diventa:

“Ieri ti ho chiamato di buon ora, ma forse dormivi”.
“Magari! Mi sono svegliato presto, poi di corsa a scuola”.
“Però non ti sei fatto sentire nemmeno nel pomeriggio!”.
“Be’, sai, ho avuto la partita”.
“Ah, davvero? E come è andata?”.
“Proprio un bell'incontro: abbiamo vinto, ma è stata dura. Oh, ho segnato due reti!”.
“E la sera che hai fatto?”.
“Sono andato in discoteca con i miei amici, abbiamo festeggiato la vittoria”.

Spero non vi siate dimenticati quello che abbiamo detto sul post riservato ai personaggi: ogni personaggio ha delle proprie peculiarità... e anche il modo di parlare potrebbe (dovrebbe) rientrare tra le peculiarità.

Ciao ciao,
Marco Toccacieli alias Kito.

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